domenica 17 febbraio 2013

Frankenweenie


Sinossi: Victor Frankenstein, bambino solitario appassionato di scienze, è inseparabile dal suo cane Sparky, finché un giorno non viene investito da una macchina. Victor, profondamente addolorato, sfrutta le sue conoscenze scientifiche apprese a scuola per riportarlo in vita. L’esperimento riesce, ma Sparky va tenuto nascosto per via delle sue nuove fattezze “mostruose”…




Tim Burton torna alle origini: con Frankenweenie ci 
regala una delle sue opere più belle e personali della sua intera cinematografia. Riprendendo l’idea originale del 1984, quando aveva prodotto l’omonimo mediometraggio sempre con la Disney, il geniale regista americano espande il plot originale scegliendo di tornare al contempo al bianco e nero e alla stop-motion, la tecnica che più gli piace e che gli ha regalato un posto nella storia del cinema con i capolavori Nightmare Before Christmas (anche se diretto da Henry Selick) e La sposa cadavere.

Così come accadeva nell’originale, anche qui il protagonista è Victor Frankenstein, un bambino solitario ed appassionato di scienze, che si diletta a produrre piccoli film amatoriali per i suoi genitori assieme al suo amato cagnolino Sparky. Il personaggio di Victor è fortemente autobiografico, così come l’ammirazione per il professore di scienze Rzykruski che ha le sembianze dell’attore Vincent Price, vero idolo di Burton che gli ispirò lo splendido cortometraggio Vincent (1982).

Frankenweenie non è solo un’opera personale. È anche un omaggio a tutto il cinema horror classico, specialmente il filone della Universal della prima età del sonoro, all’espressionismo tedesco e ai film con gli effetti speciali realizzati con la tecnica del passo a uno: si pensi ai nomi dei personaggi (tra tutti Elisa Van Helsing), alle abbondanti citazioni (soprattutto il Frankenstein di James Whale), all’uso espressionista delle ombre e alle scene con mostri-distruttori (tra tutte quella con la tartaruga-zombie gigante che terrorizza la comunità, chiaramente dedicata a Godzilla di Ishiro Honda).

L’ultima opera di Tim Burton è insomma un vero gioiello, sia per la ricchezza espressiva, sia per i numerosi riferimenti cinematografici, ma anche per la musica ancora una volta diretta dal fedele Danny Elfman. Frankenweenie è la sintesi perfetta tra la tecnica della stop-motion (la scienza), che dona la vita a oggetti o esseri inanimati, e il cuore, ossia le emozioni che possono nascere da una storia dove le protagoniste assolute sono la vita e la morte. Speriamo che il prossimo 24 febbraio, alla notte degli Oscar, Tim Burton (alla seconda nomination dopo La sposa Cadavere) sia finalmente premiato con una statuetta che tante volte gli è stata negata in carriera.

VOTO: