The Dark Knight Rises è stato uno dei titoli più attesi dell’anno. Cristopher Nolan, capace di reinterpretare in maniera magistrale uno degli eroi più celebri dei fumetti, delude le attese dei suoi fan, concludendo la trilogia dedicata all’uomo-pipistrello con un finale che vive di luce riflessa degli episodi precedenti, in particolare dello strepitoso The Dark Knight.
Il film
scritto dai fratelli Nolan presenta una sceneggiatura pirotecnica, piena di
colpi di scena, ma povera di profonde riflessioni filosofiche ed escatologiche rispetto
ai film precedenti del regista. Si vede poco, insomma, la firma dell’autore su
questa pellicola, simile più a un classico prodotto commerciale made in Hollywood che alle grandi opere
precedenti del regista, tra cui Memento,
The Dark Knight e Inception. Una storia piena di lacune e
incongruenze, che si dilunga in alcune sequenze in maniera eccessiva (per
esempio nella parte in cui Bruce Wayne è rinchiuso nella prigione-pozzo). Il
ritmo, seppur generalmente alto per tutta la durata della pellicola, non è
supportato altrettanto bene dall'abbondanza di contenuti originali e profondi
(considerando i dialoghi, non ci sono paragoni nelle conversazioni tra Batman e
il Joker dell’episodio precedente rispetto a quelle tra Batman e Bane). Insomma,
la lunga durata (165 minuti) produce l’effetto di diluire le poche idee
originali del film.
Tuttavia,
alcune sequenze restano memorabili: tra tutte quella di apertura, con un blitz
in alta quota. Apprezzabile anche l’idea della prigione-pozzo, seppur occupi un
po’ troppo spazio nel film. Si tratta della metafora più significativa dell’intera
pellicola: l’uomo – Wayne – sprofondato nella solitudine e ormai sull’orlo del
fallimento professionale e personale,
risorge (per questo nel titolo originale compare la parola rises che significa “rialzarsi, risorgere”, mentre la distribuzione
italiana ha tradotto in maniera becera con “Il Ritorno”!), riuscendo a emergere
dal pozzo dove era sprofondato e a ritrovare uno scopo per cui vivere e lottare.
Il finale invece non è assolutamente all’altezza della trilogia, così come fa
sorridere lo scontro di massa tra le forze dell’ordine di Gotham City contro i “rivoluzionari”
al servizio di Bane: in quale pianeta fantastico una rivoluzione sociale viene
repressa con una mega rissa?
The Dark Knight Rises presenta infatti molti temi attuali,
ispirati dalla crisi economica che sta minacciando l’intero mondo occidentale
(oltre alla paura del terrorismo di natura religiosa) e dal movimento “Occupy
Wall Street”. Questo è allo stesso tempo un punto di forza e di debolezza della
pellicola. È un punto di forza perché nella storia viene rappresentata una
rivoluzione, con uno scontro di classe tra ricchi e poveri, tra veri “ladri” ed
emarginati sociali, che culmina con l’attacco a Wall Street e l’instaurazione
di una tirannia che si regge sul terrore. Qui è palese il riferimento ai
processi contro i nobili della Rivoluzione Francese: al posto di Robespierre
troviamo però lo psicopatico Dr Jonhatan Crane, alias il supercattivo Scarecrow, un accostamento davvero brillante.
Questa attualizzazione è anche uno dei principali punti di debolezza della pellicola per
diversi motivi: in primis l’ambientazione
si fa troppo reale e contingente (Gotham City non è altro che Manhattan e troppi
sono i riferimenti all’attuale gravissima crisi economica), spostando le
riflessioni sul Bene e sul Male, così come quelle sul senso della vita, da un
piano generale a uno particolare e storico; questa estrema attualizzazione non
permette più di ambientare la storia in un’atmosfera gotica, da cinecomics, ricca
di fascino e originalità. Certo, tutta la trilogia su Batman di Cristopher
Nolan non ha una scenografia-fotografia così colorata come le due pellicole dirette da Tim
Burton, ma con The Drak Knight Rises
sembra di vedere un normale film di azione-thriller, ricco di scene al
cardiopalma, invece che un cinecomics impreziosito da elaborati dialoghi come
avveniva nell’episodio precedente.
Infine,
ma non perché meno importante, la figura del supercriminale Bane a mio avviso
non è idonea a chiudere questa trilogia. Il suo personaggio è il più razionale
tra la miriade di nemici di Batman presenti nella filmografia sull’uomo-pipistrello. Bane non rappresenta nulla di paragonabile al caos del Joker (indimenticabile l’interpretazione
di Heath Ledger, ma anche Jack Nicholson non è stato da meno) o alla paura di
natura psicologica e allucinogena provocata da Scarecrow. Si tratta solo di un terrorista
mercenario, dotato di grande forza fisica, ma non di "fascino" criminale. La
storia costruita intorno a Bane non serve altro che a creare un ponte tra il
primo episodio Batman Begins e quest’ultimo,
visto che lui è il nuovo leader della Setta delle ombre dopo la morte di Ra’s
al Ghul. Anche il doppiaggio italiano non aiuta, rendendo troppo buffa la voce
del supercattivo (manco fossimo in una parodia!).
In
conclusione, The Dark Knight Rises
chiude la trilogia in modo che non ci sia soluzione di continuità con gli
episodi precedenti, ma senza aggiungere nulla di davvero originale, né sul
piano estetico, né su quello contenutistico. Tutto è già stato detto o fatto
nei due episodi precedenti. In breve Nolan ha concluso la sua saga in maniera “scolastica”,
con una storia ricca di colpi di scena, ma povera di contenuti e priva di
trovate d’autore. Il giudizio complessivo sulla trilogia rimane comunque alto
grazie ai primi due episodi: Cristopher Nolan, uno dei maggiori talenti del
cinema contemporaneo che ha saputo unire il cinema d'autore e quello più commerciale, è riuscito a rileggere i tradizionali personaggi dell’epopea
di Batman in maniera originale (distanziandosi moltissimo dalle opere del predecessore
Tim Burton), lasciando un’impronta significativa nella storia del cinema.
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