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sabato 28 gennaio 2012

La passione




Trama: Gianni Dubois (Silvio Orlando) è un regista di mezza età in piena crisi creativa. Gli si presenta l’ultima occasione: girare un film con una stella della televisione (Cristina Capotondi). Mentre le idee continuano a mancare per il suo nuovo film, Dubois è costretto anche a dirigere una Sacra Rappresentazione in un paesino toscano: è il risarcimento per i danni causati agli affreschi di una chiesa per la rottura dei tubi di casa sua. Grazie proprio a questo imprevisto, il protagonista, aiutato da un amico attore outsider (Giuseppe Battiston), ritroverà l’ispirazione.



Carlo Mazzacurati torna a dirigere un film dopo il buon lavoro fatto tre anni fa con La giusta distanza, opera nella quale esplorava il giornalismo di provincia e il dramma di un omicidio. Ne La Passione, Mazzacurati racconta, con toni poetici e delicati, la crisi creativa di un regista di mezza età (magistralmente interpretato da Silvio Orlando, unico nel sapere unire i momenti drammatici a quelli comico-grotteschi), che non riesce più a confrontarsi con il mondo del cinema sempre più avvelenato dalle logiche di profitto. Il protagonista è un intellettuale solo, che non viene aiutato e compreso da nessuno, in un’Italia devastata dall’arroganza e dall’ignoranza delle persone che detengono il potere e i capitali. Ci sono infatti diversi personaggi emblematici da questo punto di vista, che sottolineano il baratro in cui è precipitato il nostro Paese in tutti i campi: un produttore cinematografico che pur di guadagnare suggerisce di usare un’attrice televisiva viziata e priva di talento; un sindaco (Stefania Sandrelli) cinico, che rappresenta la bassezza di tutta la classe politica; l’attore – metereologo Abbruscati (Corrado Guzzanti) che si crede di essere talentuoso, ma in realtà è solo una macchietta. Nella solitudine e nel vuoto di idee, Dubois trova aiuto solo in Ramiro (Giuseppe Battiston), che come lui vive la condizione di outsider. Ramiro è infatti un attore di strada ex galeotto, che ama il suo lavoro e non lo fa per arricchirsi o per diventare un divo, ma per redimersi. Palese è la contrapposizione tra lui e gli altri due attori, Abbruscati e l’attrice televisiva, che non hanno sentimenti genuini. È chiaro il riferimento alla crisi del cinema italiano e più in generale del mondo dello spettacolo, in cui mancano persone modeste e di cuore.

Se il film parte con i toni della commedia più classica, nella seconda parte invece il dramma la fa da padrona. In un miscuglio tra farsa e realtà, si consuma il destino dei personaggi della storia, impegnati nella preparazione di una Sacra Rappresentazione pasquale, che dovrebbe essere un’opera drammatica ai confini del sublime. Invece, grazie all’interpretazione falsa e grossolana di Abbuscati (un Guzzanti in ottima forma), sembra trasformarsi in un momento grottesco, di farsa appunto. La situazione però si capovolge, quando, uscito di scena Abbuscati, subentra Ramiro, deciso a offrire tutto se stesso per la riuscita dello spettacolo. Immedesimatosi nel ruolo di Gesù, comincia a subire sulla propria pelle lo stesso calvario, come se dovesse espiare i suoi reati. La finzione non si distingue più dalla realtà e l’unica conclusione possibile, è la sua crocifissione (simbolo sempre di punizione sociale) assieme a due extra-comunitari, mentre si abbatte un temporale che disperde il pubblico. La catarsi allora si completa: Dubois, venuto a contatto con una realtà di provincia, popolata da persone vere, e aiutato da Ramiro che ha dato anima e corpo alla realizzazione della rappresentazione, riesce a trovare l’idea per il soggetto del suo nuovo film ed esce dal blocco creativo.

In conclusione, La passione è un bel film, che, come ha dichiarato Mazzacurati, vuole raccontare un momento di vuoto creativo e di uno sblocco, forse vissuto in prima persona dallo stesso regista. La scelta degli attori è stata sublime: Orlando, espressivo soprattutto nei momenti di silenzio, nel ruolo del cineasta fallito, Battiston nei panni di un outsider dal volto umano, Guzzanti nella parte di un attore cialtrone e freddo, infine la Capotondi in quella di un’odiosa attrice di fiction televisive. Va menzionata anche l’ottima fotografia di Luca Bigazzi. Certo, il tema non è originale e forse c’è qualche sbavatura qua e là (ad esempio si potevano evitare alcune situazioni comiche banali e in contrasto con il tono drammatico dominante), ma il lavoro di Mazzacurati non è da buttare. Il regista padovano, a mio avviso, meriterebbe maggiori attenzioni da parte dei critici cinematografici, per la sua poetica sempre attenta a tematiche importanti, ai sentimenti umani e ai personaggi comuni che popolano la realtà quotidiana.

VOTO: 



(già pubblicato il 13/10/2010 su Mondoattuale)


giovedì 26 gennaio 2012

Il grande sogno


L’ultimo film di Michele Placido prende spunto dall’autobiografia del regista pugliese. Nella pellicola, il suo personaggio viene interpretato da Riccardo Scamarcio (Nicola). Il Sessantotto romano viene descritto da questo punto di vista particolare. Infatti Nicola è un poliziotto di origini pugliesi che si arruola nella polizia per pagarsi gli studi di recitazione. Il suo colonnello (Silvio Orlando) lo obbliga a infiltrarsi nel movimento studentesco dove è in pieno svolgimento la contestazione sessantottina. Qui, Nicola conosce la bella Laura (Jasmine Trinca), di idee cattoliche progressiste, appartenente a una famiglia borghese. Ma Laura è innamorata del carismatico Libero (Luca Argentero), leader della contestazione, che sogna uno sviluppo rivoluzionario della mobilitazione studentesca. Questo “triangolo” si compone e si scompone nel corso del film, anche se Laura si concede a turno prima a Nicola, poi a Libero e in seguito ancora a Nicola (in modo anche infantile se vogliamo).

   La vera svolta della storia si ha con la battaglia di Valle Giulia (1° marzo 1968): un durissimo scontro tra le forze dell’ordine e i dimostranti, che provoca decine di feriti da ambo le parti e che farà scrivere a Pier Paolo Pasolini una celebre “poesia”, in cui non nasconderà la sua avversione verso gli studenti “figli di papà” e le sue simpatie per i poliziotti. Nicola subisce una metamorfosi interiore dopo aver assistito agli scontri: decide di lasciare la polizia, memore anche del fatto che durante le occupazioni della terra nel Meridione nel secondo dopoguerra, le forze dell’ordine avevano aperto il fuoco contro i braccianti, cosa che si ripeterà ad Avola. Cerca allora di capire cosa sia questo “Grande sogno”, ma alla fine non riuscerà nemmeno ad aiutare Laura per eccesso di ingenuità.

   Diciamolo subito: il film di Placido non è un granchè. Potrebbe aver influito certamente la lunga fase di montaggio, con ben 40 minuti di tagli. Però, non è una giustificazione che regge. Come accadeva in The Dremers di Bertolucci (anche se non c’è parogone che tenga tra i due film a ogni livello), anche qui il ’68 fa solo da sfondo alle vite private dei tre personaggi principali. Inoltre, il tutto viene raccontato con i soliti stereotipi, basti pensare alla famiglia di Laura: il padre bigotto, il fratello pseudo-terrorista, ecc. Se si aggiunge che solo il personaggio di Nicola è ben costruto, mentre gli altri due sembrano troppo piatti per essere relistici, il giudizio non può essere felice. Non si può ridurre un fenomeno come quello della contestazione a comparsa in un film che, seppur senza pretese politiche o di denuncia, si chiama il Grande sogno. Ci si aspettava qualcosa di più, non tanto dagli attori (la Trinca ha vinto il premio Mastroianni a Venezia), ma dalla sceneggiatura e dalla regia, visto che Placido è stato testimone oculare di quegli avvenimenti. Poco rilevanti sono anche i dialoghi: possibile che non si parli quasi mai di politica, marxismo, utopia o filosofia nel film? Aggiungiamoci anche un finale brutto e inutile, in cui Nicola fa la figura dell’imbecille e la storia della famiglia di Laura, coinvolta in episodi davvero patetici ed ecco che il risultato è stato quello di creare un film molto commerciale, piacevole per il grande pubblico, ma vuoto di significati socio-politici: direi troppo “annacquato” per i temi che avrebbe dovuto affrontare.

VOTO:  



(già pubblicato il 12/10/2009 su Mondoattuale)