giovedì 26 gennaio 2012

Il grande sogno


L’ultimo film di Michele Placido prende spunto dall’autobiografia del regista pugliese. Nella pellicola, il suo personaggio viene interpretato da Riccardo Scamarcio (Nicola). Il Sessantotto romano viene descritto da questo punto di vista particolare. Infatti Nicola è un poliziotto di origini pugliesi che si arruola nella polizia per pagarsi gli studi di recitazione. Il suo colonnello (Silvio Orlando) lo obbliga a infiltrarsi nel movimento studentesco dove è in pieno svolgimento la contestazione sessantottina. Qui, Nicola conosce la bella Laura (Jasmine Trinca), di idee cattoliche progressiste, appartenente a una famiglia borghese. Ma Laura è innamorata del carismatico Libero (Luca Argentero), leader della contestazione, che sogna uno sviluppo rivoluzionario della mobilitazione studentesca. Questo “triangolo” si compone e si scompone nel corso del film, anche se Laura si concede a turno prima a Nicola, poi a Libero e in seguito ancora a Nicola (in modo anche infantile se vogliamo).

   La vera svolta della storia si ha con la battaglia di Valle Giulia (1° marzo 1968): un durissimo scontro tra le forze dell’ordine e i dimostranti, che provoca decine di feriti da ambo le parti e che farà scrivere a Pier Paolo Pasolini una celebre “poesia”, in cui non nasconderà la sua avversione verso gli studenti “figli di papà” e le sue simpatie per i poliziotti. Nicola subisce una metamorfosi interiore dopo aver assistito agli scontri: decide di lasciare la polizia, memore anche del fatto che durante le occupazioni della terra nel Meridione nel secondo dopoguerra, le forze dell’ordine avevano aperto il fuoco contro i braccianti, cosa che si ripeterà ad Avola. Cerca allora di capire cosa sia questo “Grande sogno”, ma alla fine non riuscerà nemmeno ad aiutare Laura per eccesso di ingenuità.

   Diciamolo subito: il film di Placido non è un granchè. Potrebbe aver influito certamente la lunga fase di montaggio, con ben 40 minuti di tagli. Però, non è una giustificazione che regge. Come accadeva in The Dremers di Bertolucci (anche se non c’è parogone che tenga tra i due film a ogni livello), anche qui il ’68 fa solo da sfondo alle vite private dei tre personaggi principali. Inoltre, il tutto viene raccontato con i soliti stereotipi, basti pensare alla famiglia di Laura: il padre bigotto, il fratello pseudo-terrorista, ecc. Se si aggiunge che solo il personaggio di Nicola è ben costruto, mentre gli altri due sembrano troppo piatti per essere relistici, il giudizio non può essere felice. Non si può ridurre un fenomeno come quello della contestazione a comparsa in un film che, seppur senza pretese politiche o di denuncia, si chiama il Grande sogno. Ci si aspettava qualcosa di più, non tanto dagli attori (la Trinca ha vinto il premio Mastroianni a Venezia), ma dalla sceneggiatura e dalla regia, visto che Placido è stato testimone oculare di quegli avvenimenti. Poco rilevanti sono anche i dialoghi: possibile che non si parli quasi mai di politica, marxismo, utopia o filosofia nel film? Aggiungiamoci anche un finale brutto e inutile, in cui Nicola fa la figura dell’imbecille e la storia della famiglia di Laura, coinvolta in episodi davvero patetici ed ecco che il risultato è stato quello di creare un film molto commerciale, piacevole per il grande pubblico, ma vuoto di significati socio-politici: direi troppo “annacquato” per i temi che avrebbe dovuto affrontare.

VOTO:  



(già pubblicato il 12/10/2009 su Mondoattuale)


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