domenica 22 gennaio 2012

Il vento fa il suo giro


Opera prima del regista Giorgio Diritti, uscita nel 2005, ma distribuita nelle sale italiane solo dal maggio 2007. Anche se non è molto recente, ho deciso di parlarne lo stesso per rendere giustizia a un film che avrebbe meritato di essere più pubblicizzato e di avere maggiore successo da parte del pubblico. Il film è girato come un documentario e gli attori sono quasi tutti non professionisti (a parte Thierry Toscan e Alessandra Agosti).

 è la storia di un pastore francese di nome Philippe Heraud che decide di emigrare dai Pirenei (dove stanno aprendo una centrale nucleare) verso le Alpi occitane, in un paesino chiamato Chersogno. Una volta trovata casa nel piccolo paese ormai spopolato per quasi tutto l’anno (tranne d’estate, quando ritornano coloro che sono emigrati a Torino), il pastore francese si trasferisce con la bella moglie e i suoi tre figli. Inizialmente l’accoglienza della popolazione locale è buona, anche perchè ormai il paese è abitato solo da anziani. Però i “forestieri” appaiono subito come dei diversi: sono atei (non partecipano alla processione del paese), producono qualcosa di prezioso che prima non c’era (dell’ottimo formaggio che fa guadagnare relativamente bene rispetto alla gente locale) e non parlano l’occitano (lingua composta dal dialetto piemontese e francese). Insomma, la famiglia Heraud incontra gravi problemi d’integrazione. Soprattutto, come sempre, ciò che dà più fastidio agli abitanti del posto è il fatto che i nuovi arrivati usino le “loro” risorse locali (legname, pascoli) per ricavare un profitto personale. Infatti, il pastore francese non conosce gli “usi” del luogo consolidatesi nel corso del tempo: non sa dove comincia e dove finisce il prato o la zona di raccolta di legna delle varie famiglie. L’attrito con gli abitanti cresce allora sempre di più, fino a esplodere. Iniziano così a girare delle malelingue sui nuovi arrivati: sulla moglie (oggetto degli sguardi e dei desideri dei maschi del paese), sul modo in cui Philippe tiene le bestie (considerato antigienico). Cominciano anche i dispetti, in un crescendo di tensioni che sfocia in un battibecco tra il protagonista e una vecchia signora che, cadendo accidentalmente, racconterà poi ai compaesani di essere stata picchiata dallo stesso pastore. Ormai quest’ultimo, escluso e sull’orlo di essere espulso dalla comunità che lo ospita, si arrende e decide di tornare da dove era partito con la sua famiglia, completando il giro aperto all’inizio del film. Come un vento che fa un giro su sè stesso...

Il film, costato solo 450.000 €, è un vero e proprio capolavoro, sia sul piano formale (è di un realismo impressionante, grazie anche al supporto della musica), sia su quello dei contenuti. Su questi ultimi si potrebbe scrivere un libro, visto che il film presenta molti temi antropologici, sociologici e storici. Tra i tanti, ne elenco alcuni: integrazione/esclusione, il controllo sociale e sessuale, tolleranza/intolleranza, circolarità dei flussi migratori. Va inoltre detto che questo è il primo film italiano in lingua occitana (ci sono i sottotitoli in italiano). è stato autoprodotto e, pur ricevendo numerosi premi all’estero, è uscito nelle sale italiane solo nel maggio 2007 e credo che pochi l’abbiano visto. Come al solito, le case di distribuzione italiane concentrate sui cine-panettoni e sulle commedie di una comicità becera, non avevano compreso appieno la bellezza, l’originalità e l’importanza di questo film, vero e proprio ritratto di una parte di realtà italiana poco conosciuta che servirà anche ai posteri come fonte storica diretta di un mondo dalle radici antichissime che rischia di sparire.   
    
VOTO: 

(Già pubblicato il 18/01/2009 su Mondoattuale)

Nessun commento: