È morto l’11 novembre a Los
Angeles uno degli uomini più importanti nella storia del Cinema degli ultimi
sessant’anni. Oggi si celebrano i suoi funerali. Stiamo parlando di Dino De
Laurentiis, il più grande produttore cinematografico italiano.
Al secolo Agostino De
Laurentiis, più noto come Dino, nato a Torre Annunziata l’8 agosto 1919, era
figlio di un commerciante di pasta. Tentò la fortuna a Roma come attore, ma
capì che avrebbe avuto più successo dall’altra parte della “barricata”, ovvero
nella produzione. Non gli mancavano né le idee, né il fiuto degli affari.
Tra gli anni Quaranta e
Cinquanta produsse numerose pellicole celeberrime, nel pieno della stagione
neorealista: Riso amaro (G. De Santis,
’48), Napoli milionaria (’50, E. De Filippo), Dov’è la libertà (Rossellini,
’54), Miseria e nobiltà, La Grande guerra (’59, Monicelli). Con il
produttore Carlo Ponti, De Laurentiis creò una casa di produzione, che diede
vita al primo film italiano a colori: Totò
a colori nel 1952. Durante il “periodo italiano” De Laurentiis produsse
anche due opere di Fellini (La strada e
Le notti di Cabiria), premiate
entrambe con l’Oscar per miglior film straniero.
Nella biografia del grande
produttore italiano lo spartiacque più significativo fu senza dubbio la
decisione di trasferirsi negli Usa, dopo l’introduzione nel 1965 della legge
Corona che predisponeva dei sussidi di Stato solo per i film al 100% italiani. Per
De Laurentiis era una legge deleteria: «Richiedeva che per definire un
film “italiano”, e candidarlo quindi a ricevere finanziamenti pubblici, dovevano
essere italiani il regista, la metà degli sceneggiatori tre quarti degli attori
e dei tecnici. Una limitazione che ha tarpato le ali alle produzioni, alla
creatività, alla libertà. È anche per questo motivo che me ne sono andato
dall’Italia per lavorare in America» (dal Sole
24 Ore, 15 settembre 2009).
Decise così di dare nuova
vitalità alla carriera trasferendosi negli Usa, dove i produttori avevano le
mani più libere. Tra i film prodotti negli Usa, vanno ricordati: Serpico (Sidney Lumet, 1973), Il giustiziere della notte (Michael Winner,
1974), I tre giorni del condor (Sideny Pollack, 1975), Dune e Velluto Blu di
David Lynch e più di recente Hannibal
di Ridley Scott.
Io personalmente sono legato
a due film poco trattati dai critici: Waterloo
(Sergei Bondarchuk, 1970) e Flash
Gordon (Mike Hodges, 1980). Il primo è un grande film storico, con Orson
Welles (nei panni di Louis xvii), Cristopher Plummer (nel ruolo di Wellington)
e un intenso Rod Steiger (nella parte di Napoleone); il secondo è invece più
noto per la colonna sonora dei Queen. Com’è noto, all’epoca dell’uscita nelle
sale Flash Gordon fu un flop total, ma
di recente si è trasformato – come spesso succede – in un cult movie.
Una carriera straordinaria,
ai limiti della leggenda, quella di Dino De Laurentiis, capace come pochi di
attraversare i decenni, risollevandosi sempre dopo gli insuccessi (tra cui
anche il fallimento degli studi di Dinocittà). È stata un’avventura epica forse
irripetibile, lunga sessant’anni, con decine e decine di film prodotti, giustamente
suggellata con l’Oscar nel 2001.
(già pubblicato il 15/11/2010 su Mondoattuale)
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