sabato 28 gennaio 2012

The Social Network: chi non è connesso non esiste


Cos’è un gruppo sociale? “Un insieme di persone fra loro in interazione con continuità secondo schemi relativamente stabili, le quali si definiscono membri del gruppo e sono definite come tali da altri” (Merton, Social Theory and Social Structure, 1949). Questa è la definizione che viene riportata nei manuali di sociologia. E intorno a questo concetto ruota gran parte della storia raccontata magistralmente dal regista David Fincher, che illustra la nascita del più grande social network dei nostri giorni: Facebook.

Ogni individuo è interessato a essere “connesso” agli altri tramite delle reti sociali, costituite da contatti e amicizie. Così come in economia conta chi ha più soldi, nella vita sociale si misura l’importanza del soggetto in base al numero e alla qualità delle persone che conosce. Il fondatore di Fecebook Mark Zuckerbeck (interpretato da Jesse Eisenberg), è un genio dell’informatica, ma nel mondo reale non è capace a relazionarsi: è schivo, fuori dai club di Harvard (dove accedono i più coraggiosi e facoltosi attraverso dei veri riti di iniziazione) e non riesce neanche a far sentire amata la sua ragazza, che, infatti, lo lascia all’inizio del film. Da qui prende avvio la vendetta dell’ingegnere genietto: per vendicarsi, non solo rovina la reputazione dell’ex tramite il suo blog, ma crea, grazie ad un amico, un sito (FaceMash) dove gli utenti (maschi) possono votare la preferita tra due foto di ragazze scelte at random da un algoritmo. Non mettono in conto però né se questa azione sia moralmente corretta, né i danni possibili sulle persone coinvolte. Come dicevano gli antichi “Verba volant, scripta manent”: la parola scritta ha una forza distruttiva enne volte superiore a quella orale e soprattutto, se consideriamo la Rete, non se ne perde memoria.

Zuckerbeck gradualmente comincia a pensare che si possa creare una realtà sociale virtuale, dove, i più svantaggiati nel mondo reale, possano avere più chance di successo, soprattutto in campo sentimentale e sessuale. Crea così una community virtuale (Harvard Connection), assieme ai fratelli Winklevoss. Ma l’ambizione di Zuckerbeck non ha limiti: vuole creare un mondo sociale globale parallelo, dove chi non è connesso è tagliato fuori da tutto, in altre parole non esiste. Nasce così “The Facebook. Una volta realizzato il suo sogno, il protagonista si troverà di nuovo solo, senza nemmeno gli amici cofondatori, che anzi gli hanno fatto causa.

Fincher ha scelto di dare un taglio preciso al film, offrendoci una lettura “forzata” della storia. Il racconto, che si apre con una delusione d’amore, non può che terminare con la ripresa del tormento del protagonista verso la sua ex, che non solo gli ha negato un rapporto reale nel mondo fisico, ma anche l’amicizia virtuale su Facebook. Partendo da questa considerazione, possiamo interpretare The Social Network come un film che racconta la nostra epoca, facendo emergere l’immagine di una società priva di valori  e amicizie reali, tutta concentrata sulla quantità e non sulla qualità. Non esistono personaggi virtuosi in questa pellicola. I valori di cui i protagonisti – tutti maschi che rappresentano la classe dirigente futura - si fanno portatori, sono: la ricchezza, il successo con le ragazze, essere al  centro delle relazioni sociali e arrivare primi in ogni competizione. Quindi, è possibile anche interpretare l’opera di Fincher come una critica alla società contemporanea, dove le relazioni umane sono diventate meno importanti di quelle virtuali.

Anche se consideriamo alcune scelte stilistiche del regista possiamo avvicinarci a questa chiave di lettura, per esempio analizzando la struttura temporale del racconto e il tipo di colonna sonora. Il regista ha scelto di utilizzare molto i flashback che si alternano alle sequenze che spiegano le cause in corso per i diritti su Facebook. Si crea così la sensazione di una realtà frammentata, caotica, e in ultima analisi, postmoderna. La scelta della colonna sonora poi, riveste a mio giudizio un ruolo primario per la riuscita dell’opera: le musiche, che danno in molte sequenze un ritmo da thriller alla pellicola, sono acide, taglienti, elettriche, veloci e fredde. In breve, creano una sensazione di spersonalizzazione, caratteristica non solo della Rete, un luogo virtuale creato con il sistema binario, ma anche della società odierna. Forse, anche questi suoni-rumori simboleggiano il frastuono e la velocità della società contemporanea, dove si vive sempre meno in luoghi fisici, e sempre più in luoghi virtuali freddi, dove le emozioni non guidano più le azioni delle persone, ma tutti devono essere presenti per esistere anche in quella reale.

Un’opera molto interessante questa di Fincher, non solo in termini cinematografici, ma anche sociologici, che potrà essere usata in futuro per spiegare la genesi di un fenomeno di massa (Facebook) che sta cambiando la società e il modo di relazionarsi delle persone.

VOTO:  


(già pubblicato il 30/11/2011 su Mondoattuale)

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