sabato 28 gennaio 2012

Fratelli in erba (Leaves of Grass)


Trama. É la storia di due gemelli, entrambi interpretati da Edward Norton, che vivono agli antipodi: Bill Kinkayd è un professore universitario affermato, mentre il fratello Brady è uno spacciatore di provincia. I due non si vedono da molti anni. Tramite uno stratagemma, Brady fa tornare il dotto fratello a Little Dixie, in Oklahoma, dove sarà travolto dagli “affari” del fratello, finendo in un vortice di violenza e scoprendo chi è veramente.

Innanzitutto partiamo dal titolo della pellicola. È mai possibile che anche in questo caso la traduzione italiana del titolo originale abbia stravolto completamento il senso delle parole e del film? Fratelli in erba è una traduzione orribile, che etichetta il film come una commedia demenziale. Ben più poetico è il titolo in inglese Leaves of Grass, che allude sia al fatto che nella storia l’ “erba” è protagonista, sia a una poesia di Walt Whitman.

In effetti, il film di Tim Blake Nelson, è un ibrido a mio avviso ben riuscito tra commedia comico -demenziale e un film thriller - drammatico. La prima caratteristica dura per tutta la prima parte della pellicola. Qualche sana risata non può essere trattenuta, soprattutto quando la cinepresa si sofferma sulla faccia “fumata” di Brady. Proprio quando il pubblico pensa di trovarsi di fronte un film comico, irrompe la seconda faccia della pellicola, come un pugno in faccia. Un po’ alla fratelli Coen (con cui il regista ha lavorato come attore nel film Fratello, dove sei?) un po’ alla Tarantino, la violenza si scatena improvvisamente dopo qualche battuta ilare, con rivoli di sangue e sparatorie, in un crescendo di drammaticità che culmina con una freccia scoccata da una balestra che trafigge da parta a parte Bill.

La sceneggiatura, ben scritta dallo stesso regista, è impreziosita da numerosi momenti di riflessione filosofica, storica e sociale. Diverse sono le citazioni ai grandi pensatori della Grecia classica, da Socrate a Platone, da Epicuro ad Aristotele. Notevole anche la riflessione storico – sociale sulla generazione hippy degli anni Sessanta che Bill rivolge alla madre (una maestosa e fumata Susan Sarandon): “Voi avete distrutto tutto, ma non siete stati capaci di costruire nulla”. Da sottolineare anche la parte in cui i colleghi di Bill si complimentano con lui per aver avuto successo nel mondo accademico pur provenendo da una famiglia modesta. E come non citare la battuta di Norton nei panni di Brady, in cui afferma che tutto il mondo accademico è inutile perché ognuno esprime un’opinione su quello che hanno scritto gli altri. Non manca neppure una digressione sulla storia degli ebrei in America, che hanno in mano buona parte dell’economia statunitense. La presenza forte dell’ebraismo nel film è probabilmente dovuta alle origini del regista. Non trovo però molto originale aver rappresentato i “cattivi” con due ebrei odiosi, avidi e cinici. È uno stereotipo letterario e storico che ha davvero stancato.

Sussistono però alcuni difetti e imperfezioni nel film. A cominciare dall’esternazione esplicita nella scena iniziale del senso della storia: citando Socrate, viene esposta la teoria della stabilità apparente, che è solo illusoria e minacciata costantemente dal fallimento personale. L’intento didascalico della storia quindi viene esposta subito e in modo palese, facendo intuire che la situazione iniziale apparentemente serena e normale, sarà sconvolta da qualche tipo di tragedia. Forse, conveniva esporre questo leitmotiv in maniera meno plateale e più in là nella storia. Anche il tema del doppio, tanto caro a Joseph Conrad (si veda Il compagno segreto, in cui si spiega che in ognuno di noi si nasconde una parte assassina e non è detto che sia la parte peggiore), è qui esposto in maniera abbastanza classica; non noto nulla di veramente originale. Partendo da una situazione dicotomica in cui si trovano un gemello buono e bravo (Bill) e uno sregolato e perditempo (Brady) si arriva, per diversi gradi, al punto in cui i ruoli si invertono: Bill scopre di assomigliare più di quanto non creda al fratello criminale, a cui è legato in maniera molto forte nonostante le apparenze. In realtà, i due fratelli rappresentano le due metà di uno stesso essere, che si completano a vicenda. L’una, quella giudicata secondo la morale malvagia, salverà l’altra dalla dannazione e dall’infelicità eterna. Non a caso il film si conclude con una pioggia catartica, dopo che Bill è “risuscitato” da una gravissima ferita da balestra (un simbolo di tensione interiore che ricorre in tutto il film?), che segna la fine di una vita “finta” e l’inizio di una vita “vera”, in cui non teme più le ombre del suo animo e le avversità impreviste (simboleggiate dalla paura giovanile dei temporali estivi, che non sente più nel finale della pellicola).

In conclusione il film è vivace, brillante e dal ritmo veloce, con una solida sceneggiatura e buone performance degli attori (tra cui figura anche lo stesso regista nei panni di Rick Bolger). Manca però l’estro nella regia, ma d’altronde Tim Blake Nelson è più bravo davanti alla macchina da presa che dietro. Non un capolavoro, né un ottimo film, ma gradevole e di buon livello.

VOTO:  


(già pubblicato il 23/09/2010 su Mondoattuale)


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