Estate
1977: va in scena in quattro round un epico duello tra l’ex-presidente Richard
Nixon (Frank Langella) e un giornalista-presenatore di talk show David Frost (Michael
Sheen). Ron Howard dirige con
maestria questo dramma storico, attraverso una trasposizione cinematografica di
una commedia teatrale di Peter Morgan (autore di The Queen) che ha riscosso molto successo a Broadway e a Londra,
con protagonisti i due stessi attori presenti nel film.
Nel
’77 R. Nixon si è ormai ritirato in esilio nella sua splendida dimora in
California, dopo essersi dimesso nel ’74
in seguito al Watergate e alla procedura di impeachment
avviata dal Congresso. Bisognoso di soldi e affamato di tornare alla
ribalta a livello mondiale, l’ex-presidente accetta la proposta di un giovane e
fortunato presentatore-giornalista britannico di nome David Frost che gli
propone una serie di interviste sulla propria storia. Frost vuole così passare
alla storia come colui che ha messo a nudo Nixon e, dopo molte difficoltà, alla
fine ci riuscirà.
La
prima parte del film si concentra sulla descrizione dei due personaggi
principali e sulla genesi dell’idea di intervistare Nixon in Tv. Ma la parte
più emozionante è la seconda, quando vengono rappresentate le storiche quattro
interviste effettuate da Frost a Nixon. Il primo si è “allenato” al match
preparandosi con i suoi collaboratori soprattutto sul piano storico; il
secondo, attorniato da uno staff ben più numeroso, si è preparato invece sul
piano retorico e psicologico (non va dimenticato che Nixon era un avvocato
senza scrupoli).
Si arriva così finalmente
al primo round, che viene vinto da Nixon, così come il secondo e il terzo:
l’ex-presidente è abilissimo a schivare le domande insidiose di Frost
tergiversando e tenendo la parola il più a lungo possibile per impedirgli d’intervenire.
L’arma segreta però è psicologica: Nixon, prima di ogni registrazione, rende
nervoso Frost con osservazioni pungenti. Ma la svolta si ha prima del quarto e
decisivo round, quello relativo alla scandalo del Watergate: una telefonata
notturna di Nixon che, ubriaco, si confessa al “nemico”. In questo dialogo
chiave della storia, Nixon dice che entrambi sono nati in lower class e hanno dovuto lottare e subire per tutta la vita
discriminazioni da parte dei membri delle classi agiate. Per questo hanno
sempre avuto fame di riscattarsi dalle umiliazioni patite durante la carriera
scolastica e l’ultima intervista sarà un battaglia senza esclusione di colpi
per l’affermazione personale.
Nella
quarta e ultima intervista, Frost riesce a mettere all’angolo il suo interlocutore
che, in un momento di smarrimento, dice: “Il Presidente può fare quello che
vuole per il bene della nazione e ciò non è illegale”. Cade così in una
contraddizione logica: in una democrazia, cioè in uno stato di diritto, nessuno
è al di sopra della legge, quindi Nixon ha confessato involontariamente di aver
compiuto degli atti illeciti. Ormai sconfitto, Nixon si assume le sue
responsabilità e ammette di aver sbagliato e di aver tradito tutti. Insomma, le
interviste condotte da Frost in Tv (realmente avvenute) sono state una specie
di processo nei confronti di Nixon, da cui ne esce colpevole. La funzione dei media è essenziale per il
funzionamento di una democrazia: giudicare in modo obiettivo e libero l’operato
dei governanti.
Ron
Howard dirige benissimo il film, soffermandosi molto sull’aspetto umano della
vicenda, attraverso suggestive inquadrature sui volti e sui gesti dei
personaggi. Un plauso va a tutti gli attori del cast, soprattutto a Langella e
Sheen (che sarà il Bianconiglio nel prossimo film di Tim Burton Alice nel paese delle meraviglie): la
loro mimica facciale è perfetta e decisiva per la riuscita del film. Quattro
sono state le candidature agli Oscar 2009: miglior regista, miglior attore protagonista
(Langella), miglior sceneggiatura non
originale e miglior montaggio. Purtroppo il film non ha ottenuto nessuna
statuetta.
(già pubblicato il 15/03/2009 su Mondoattuale)
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