lunedì 23 gennaio 2012

Leoni per agnelli


Il  settimo film da regista di Robert Redford è uscito alla fine del 2007, ma purtroppo, i temi trattati sono ancora drammaticamente di attualità. Ho deciso di parlarne perchè l’ho rivisto da poco e, a mio parere, merita di essere analizzato.

La storia narrata in Leoni per agnelli  si divide in tre segmenti paralleli e simultanei, che avvengono nell’arco di una sola giornata. A Washington un influente senatore repubblicano (Tom Cruise) convoca una giornalista televisiva (Meryl Streep) per informarla del cambiamento di strategia in corso in Afghanistan per vincere la guerra. Nel secondo segmento invece, un professore di scienza politica (Robert Redford) cerca di convincere il suo più brillante studente a impegnarsi e scegliere per quali valori lottare nella propria vita. Le due storie precedenti però sono legate in modo diverso alla guerra in Afghanostan: due ex-studenti hanno deciso di arruolarsi per combattere e stanno compiendo una missione ad alto rischio contro i Talebani.

La protagonista assoluta del film è però l’etica. Confrontando il dover essere con l’essere, Redford ci fornisce una dura critica nei confronti dei poteri personificati dai tre attori principali: la politica (il senatore), i media (la giornalista) e l’università (luogo dove si dovrebbe formare la classe dirigente del futuro).

Il senatore Irving appare come un abile oratore; ma dietro la sua retorica si naconde tutto il cinismo dell’establishment americano, pronto a sacrificare tanti uomini in una guerra interminabile da cui si vuole uscire vittoriosi ad ogni costo. A tal fine Irving vuole usare la giornalista televisiva a fini propagandistici: gli USA usciranno vittoriosi dall’Afghanistan a qualsiasi prezzo di vite umane, utilizzando una strategia di guerriglia simile a quella messa in atto dai Talebani e drammaticamente assomigliante a quella utilizzata in Vietnam (catch and destroy). Proprio questo cambiamento strategico, farà morire due giovani soldati in una missione in cui fungeranno da specchietto per le allodole per far uscire allo scoperto i Talebani.

 Dura è anche l’accusa contro il Quarto Potere, ossia i media. Questi hanno infatti appoggiato in modo acritico le scelte politiche di W. Bush degli ultimi anni, fornendo i propri mezzi per amplificare la propaganda del governo americano per raccogliere il maggior consenso possibile per intraprendere le guerre in Afghanistan e in Iraq. La giornalista del film però, dopo il colloquio con il senatore Irving, ha una crisi di coscienza profonda, proprio nel momento in cui sta passando davanti al cimitero militare in cui riposano i soldati caduti in Vietnam. Si rifiuta così di fornire lo scoop della giornata al suo cinico direttore perchè capisce che il giornalismo dovrebbe essere sempre critico nei confronti di quello che dicono i politici, spesso bugiardi, e non lasciarsi manipolare in modo più o meno subdolo. I giornalisti dovrebbero essere sempre indipendenti e cercare la verità, invece che pensare ad andare a caccia scoop magari dannosi o inutili per la collettività.

Infine, bellissima è anche la parte che riguarda l’università. Qui un professore di nome Malley (Redford stesso), cerca di trasmettere i valori fondanti della democrazia durante le lezioni del suo corso di scienza politica. La sua “missione” è quella di scovare gli studenti potenzialmente più dotati e trasmetterli un’etica solida che li possa accompagnare nelle scelte della vita. Due studenti però, un afroamericano e un latino, nonostante gli eccellenti risultati scolastici, decidono di arruolarsi per combattere in Afghanistan per essere protagonisti dell’evento storico più importante per la propria nazione e, non meno importante, per sentirsi a pieno titolo dei cittadini americani. Infatti, sia Arian che Ernst, appartengono a due minoranze etniche e provengono da due famiglie povere, quindi vogliono combattere per acquisire uno status sociale superiore, per orgoglio personale, e per non sentirsi inferiore a nessuno. Questa è un pò la storia della maggiore parte dei soldati di ogni epoca storica: ci si arruola o per i soldi o per acquisire la cittadinanza a pieno titolo (oggi avviene negli USA, ma ciò avveniva anche nell’età antica). Il prof. Malley però si sente in colpa per averli diretti verso una strada così pericolosa (egli stesso ha combattutto in Vietnam) e allora cerca di rimediare con uno studente brillante, ma svogliato. Quest’ultimo, deve decidere per che cosa lottare nella vita: per i soldi o per qualcosa di più profondo, mentre i suoi due compagni di corso stanno per essere uccisi dai Talebani. Alla fine rimarrà ammutolito davanti alla TV da cui apprenderà che ci sono state delle vittime americane in una missione in Afghanistan. Il film si chiude con una domanda aperta, rivoltagli da un amico: “Che ne sarà di te?”.

In conclusione, il film diretto da Redford (in splendida forma nonostante l’età) è un manifesto pacifista contro la guerra in generale e, più specifiamente, contro l’amministrazione Bush (conclusasi finalmente!). In Leoni per Agnelli prevalgono la riflessione etica e le parole su ogni altra cosa: le immagini e gli effetti speciali sono secondari in questo film. Infatti il cast è stellare, proprio perchè la recitazione ha un ruolo assoluto per la riuscita del film. Il messaggio è chiaro: tutti sono in un modo o nell’altro coinvolti in quello che accade, in questo caso il popolo americano per la guerra in Afganistan. Quindi tutti devono aprire gli occhi, senza farsi manipolare dai politici e dai media, spesso servitori dei primi. Insomma, un bel film politico e storico allo stesso tempo, che fa riflettere a lungo.

VOTO: 

(già pubblicato l'1/03/2009 su Mondoattuale)


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