lunedì 23 gennaio 2012

No Line on the Horizon: gli U2 verso l'infinito



PARTE PRIMA: presentazione

Dopo più di quattro anni da How to dismantle an atomic bomb gli U2 tornano con un grande lavoro, dopo una gestazione lunga e difficile. L’unforgettable fire dei tempi d’oro degli U2 sembra essere tornato a divampare ancora...

   Partiamo dal titolo dell’album: No line on the horizon. Che significa? The Edge ha dichiarato che è stato ispirato da una pillola di saggezza zen: simboleggia “l’incertezza di quando si va avanti senza sapere dove, come quando la linea del cielo e del mare si fondono nell’infinito”. Ed è proprio ciò che compare nella compertina dell’album: una foto in bianco e nero scattata dall’artista Hiroshi Sugimoto che immortala un mare calmo che si perde nel cielo senza una linea netta tra i due. Il titolo allude dunque all’infinito (della musica?) e alla spiritualità. Ingredienti che si ritrovano nelle undici tracks dell’album.

      La band irlandese ha registrato il disco in quattro posti diversi: nello studio-casbah di Fez in Marocco, a New York, agli Olympic Studios di Londra e a Dublino. Le contaminazioni musicali sono infatti numerose all’interno dell’album, che è molto eterogeneo. A differenza dei due lavori precedenti, qui le sperimentazioni e le manipolazioni sonore sono molto sofisticate e diffuse. Non a caso gli U2 hanno chiamato il trio storico delle meraviglie a produrre i loro pezzi: Brian Eno, Danny Lanois e Steve Lillywhite. L’apporto di questi tre “genietti”, collaboratori di lunga data degli U2, è stato senza dubbio determinante. Soprattutto fondamentali sono state le tastiere di Brian Eno che sorreggono gran parte delle canzoni dell’album, creando atmosfere sempre nuove e giochi di suoni che fanno tornare alla mente i lavori dei Pink Floyd.

            No line on the horizon è un grande album: si distacca nettamente dai precedenti, soprattutto i più recenti. Se infatti in How to dismantle an atomic bomb la verve rock permeava l’intero album e in All that you can’t live behind  regnava la semplicità, nell’ultimo lavoro la band irlandese sembra finalmente essere riuscita a trovare un giusto mix tra la sperimentazione e il rock puro. Dopo i flop degli album sperimentali Zooropa (1993) e Pop (1997), gli U2 erano tornati nel 2000 alle radici, ossia alla semplicità di un tempo e all’essenzialità delle canzoni, riemergendo così dal buco nero in cui erano caduti. Da allora è stato un crescendo continuo sul piano artistico e del successo commerciale. Oggi, ormai maturi, gli U2 hanno ritrovato una loro propria sonorità dopo essersi reinventati più volte nel corso della loro carriera trentennale.


PARTE SECONDA: analisi dettagliata delle canzoni
         Ho deciso di descrivere brevemente ogni canzone dell’album. Accanto al titolo di ogni traccia troverete la durata, il voto, un breve commento personale, un aggettivo che la descrive e una citazione dal testo.

1. No line on the horizon (4’.12”)  La title-track è una canzone rock veloce, in cui spiccano due elementi: la chitarra di The Edge e la voce grintosa di Bono. Bello il contrasto con il ritornello, più melodico e lento. Arrabbiata.          
        “Time is irrelevant, it’s not linear”
2. Magnificent (5’.24”)  Questa è la perla dell’intero album. Basta tradurre il titolo in italiano: magnifica, splendida, sontuosa. É una canzone d’amore bellissima, con una costruzione sonora complicata che fa ricordare i Pink Floyd. Spiccano le tastiere di Eno e l’assolo di chitarra di The Edge in tonalità orientali. Magnifica.
“Only love, only love can leave such a mark”
3. Moment of surrender (7’.24”)  é la canzone più lunga dell’album. La voce di Bono esprime dolore e sofferenza, accompagnata da un organo. É un’altra canzone splendida, lenta e di genere gospel. Catartica.
“I was speeding on the subway / Through the stations of the cross”
4. Unknown caller  (6’.03”)  Questa è la canzone più difficile da decifrare. Un tizio in stato di allucinazione sente una voce provenire dal suo cellulare: è forse Dio lo sconosciuto che chiama? É forse morto il narratore? Potente il coro. Ottime le tastiere e bello l’assolo di chitarra. Originale anche il ritmo berbero suonato da Mullen Jr. Un viaggio in un’altra dimensione sensoriale. Mistica.
“Escape yourself, and gravity [...] Restart and re-boot yourself”
5. I’ll go crazy if I don’t go crazy tonight   (4’14”)  Dopo un inizio eccezionale, con questa track si cade nella normalità: una buona canzone e niente più. Il ritmo costruito da Clayton e Mullen Jr è pimpante. Niente di originale, sonorità classiche della band. Parte centrale che richiama i ritmi della danza irlandese. Pop.
“Every generation gets a chance to change the world”
6. Get on your boots  (3’.25”)  Prima hit estratta dall’album con un ottimo videoclip. Divide il disco in due parti: la prima è sicuramente il lato A del disco. Ottima linea di basso suonata da Clayton e ritmo molto sostenuto, ma ricorda molto Vertigo. Potente.
“You free me from the dark dream”
7. Stand up comedy  (3’.50”)   Questa è la canzone peggiore del disco, che fa abbassare il livello artistico del lavoro. Vorrebbe essere una canzone hard-rock, troppo banale per essere degli U2! Omaggio ai Led Zeppelin nel giro di chitarra principale di The Edge. Banale.
“Stand up to rock stars, Napoleon is in high heels / Josephine, be careful of small men with big ideas”
8. FEZ-Being born  (5’17”)  La canzone vuole descrivere soprattutto con i suoni l’atto della nascita. Le parole sono ridotte all’osso, spicca l’urlo di Bono. Inizia con un eco di un passaggio preso da Get on your boots. Sperimentale.
“I’m being born, a bleeding start”
9. White as snow  (4’.41”)  Un’altra perla che tira su il livello della seconda parte del disco. É una ballata folk, molto suggestiva. Le parole cantate da Bono costruiscono immagini splendide. Poetica.
“If only a heart could be as white as snow”
10.               Breathe   (5’.00)        Una grande canzone rock, in cui la chitarra di The Edge è distorta come una specie di sitar. Grande il suo assolo sul finale. Tastiere sontuose. Possente.
“Every day I die again, and again I’m reborn”
11.            Cedars of Lebanon  (4’.13”)  Una canzone parlata: le parole scritte da Bono spiccano su tutto e vengono recitate sopra a un accompagnamento leggero. Sembrano uscite fuori da un diario di un reporter di guerra in Medio Oriente. Impegnata.
“Choose your enemies carefully ‘cos they will define you”




PARTE TERZA: conclusioni
         No line on the horizon è sicuramente un ottimo disco. I testi scritti da Bono non sono mai banali, così come le melodie costruite dalla sua voce. Quando meno te lo aspetti, la canzone prende una piega diversa da quella che ti immagineresti. Le armonie e le sperimentazioni sonore sono state molto studiate: una netta distinzione rispetto ai due album precedenti, molto più semplici di quest’ultimo. I temi trattati sono molto profondi: nascita/rinascita, morte, amore, spiritualità, ricerca di se stessi e vita. L’ispirazione e la vena poetica di Bono non conoscono limiti.

            Le quattro canzoni d’apertura (No line on the horizon, Magnificent, Moment of surrender, Unknown caller) valgono l’intero album. Purtroppo però non si può urlare al capolavoro, perchè alcune canzoni non risultano essere sullo stesso livello delle prime. Da bocciare sicuramente la settima canzone (Stand up commedy), mentre la quinta (I’ll go crazy if I don’t go crazy tonight) e la ottava (FEZ-Being born) ricadono nella categorie di canzoni normali. Possiamo dunque parlare di un capolavoro mancato. Peccato. Comunque No line on the horizon sicuramente resterà uno dei migliori lavori della band irlandese e dell’intero panorama musicale del primo decennio del XXI secolo.

            In conclusione gli U2 sembrano tornati agli antichi splendori, ossia ai livelli di Achtung baby del 1991: un mix di rock puro, elettronica e sperimentazione. Continuano ancora a stupire e ad alimentare il fuoco artistico che li animava nei tempi migliori. Non ci resta che vederli dal vivo nel 360° Tour che farà tappa a San Siro il 7 luglio prossimo. Va detto da subito però che dal vivo le canzoni migliori di questo album risulteranno quelle più rock, mentre quelle più sofisticate come Magnificent perderanno qualcosa.

VOTO: 
            (già pubblicato il 28/03/2009 su Mondoattuale)

Nessun commento: